I mazzamavere

mazzamavere

Chi erano i mazzamauri?
tra l’ottavo ed il nono secolo dopo Cristo i saraceni risalivano spesso il Garigliano allora navigabile e approdavano a Pontecorvo. Attaccavano le loro barche sulle sponde del Liri, irrompevano nelle strade e nelle case di Pontecorvesi e indisturbati prendevano tutto quello che c’era da afferrare. Al loro arrivo la città era in subbuglio, la popolazione in preda al panico.  Purtroppo queste scorribande durarono parecchio. Quando i Turchi finalmente si furono saziati di compiere atti di pirateria  lungo le coste tirreniche e di effettuare scorrerie nelle città dell’entroterra, ritornarono  a Costantinopoli e dintorni.

Ma a farli rientrare provvide anche l’imperatore Ludovico II con un forte esercito. Figuriamoci che sollievo per quella gente provata e perseguitata! Dopo decine di anni di terrore finalmente un po di respiro. Si ritorna alla vita, non senso felliniano s’intende.

Comunque i Pontecorvesi  che sanno anche sorridere sulle proprie disgrazie, alle quali hanno fatto il callo, dettero inizio ad una simpatica tradizione carnevalesca. In occasione del carnevale si formavano gruppi di persone di solito erano uomini, si tingevano la faccia di nero, indossavano un abito lungo (vi possiamo giurare che non furono loro a lanciare la moda della maxigonna) spesso si trattava dei vestiti delle mogli, delle sorelle, delle madri o delle nonne e appena pronti irrompevano in città armati di bastoni.

Correvano per le strade, per i vicoli, per le piazze schiamazzando e urlando, imitando i gesti dei mori; cercavano di entrare nelle abitazioni dove trovavano altri uomini non mascherati ma armati anch’essi di nodosi bastoni e naturalmente volavano botte da orbi sulla schiena, che di solito era protetta da panni se non addirittura da un cuscino.

Alla fine dello scontro siamo sicuri che più di qualche bernoccolo spuntava dalle teste dei contendenti e probabilmente anche le schiene risentivano delle batoste  che venivano date per finzione e senza cattiveria fino ad un certo punto.

Frattanto i bambini e le ragazze fuggivano mentre le donne dalle finestre gridavano:- Dagli ai turchi! Picchia! Ammazza i mori! Ammazza i Mori.

Da qui mazza mauri il passo era breve, così l’uso si estese alle maschere della nostra città.

Inoltre vestirsi da mazza mauro era un modo di scaricarsi, di alleggerirsi da certe tensioni, da paure ataviche e forse forse una volta tanto far da protagonista per una giornata, sentirsi importante per qualche ora per poi tornare umilmente al lavoro usato, era segno di grande soddisfazione.

[…]

E’ sottointeso che tutto finiva in gloria e cioè a spaselle di salsiccia e soppressata, boccali di vino, quello buono fatto d’uva delle nostre terre, magari asprigno ma genuino, e canestri ricolmi di “castagnole” e “cecamariti”

 

Brano tratto da Camèle – Pontecorvo tra storia e folclore
di G.B. Vincenzo Caramadre.
Edizioni minervadidat