Difetto di pronuncia

Una donna lottava quotidianamente  per risolvere i problemi della cucina famigliare non per mancanza di idee o di gusto, bensì della materia prima, di viveri insomma.

Un giorno, come al solito, si arrovellava il cervello per mettere insieme un pasto accattabile  e con un minino di calorie e, non altro da mettere nella pignatta piena di cicoria, mandò uno dei suoi numerosi figli in un convento di  suore a chiedere una cotica di maiale.

Il ragazzo apparentemente sembrava impacciato e probabilmente aveva qualche complesso a causa di un difetto di pronuncia. Infatti egli la c la pronunciava t di modo che casa per lui era tasa, cocomero era totomero.

Così dapprima ebbe un’impennata ma poi, visto che pure lui aveva problemi di stomaco, con passo spedito andò a bussare alla porta del convento e chiese a sorella portinaia:
– Zia mò, mi ha mandato mama per una tòtena.
– Ma figliolo, che cosa vuoi?
– Una tòtena.
– Ma guarda, io non capisco, ripeti, ripeti, su da bravo.

Il ragazzo oramai sentiva che quel poco di pazienza che aveva, stava per andare a farsi benedire.
Tuttavia fece uno sforzo e ancora una volta ripetette:
– Zia mò, i vurria na totena.
– Senti, caro, con tutta la mia buona volontà non riesco mica a capirti.
A questo punto il ragazzo non riuscì più a contenersi e sbottò dicendo:
– Tazze zia mò, su dicce tòtena, tòtena ,to-te-na.
– O sporcaccione, alla tua età dici queste parole!
Ah, zia mò, allora ciù tazze tapisce e tòtena no!?

 

Brano tratto da Camèle – Pontecorvo tra storia e folclore
di G.B. Vincenzo Caramadre.
Edizioni minervadidat